Il Sangiovese


Sangiovese

Antichissima e appassionante è la storia del Sangiovese, che si ritiene fosse noto gia più di duemila anni fa agli Etruschi. Seguirono poi molti secoli di oscurità, nei quali rimase celato nei meandri della storia. Nella prima metà del secondo millennio, i monasteri vallombrosani situati sul crinale fra Romagna e Toscana ne rilanciarono la produzione: dai gioghi dell’Appennino, il Sangiovese scese da una parte lungo le vallate faentine e imolesi, e dall’altra verso la Toscana, assumendo caratteri locali diversi stante la sua grande sensibilità al territorio ospitante. A partire dalla metà dell’Ottocento si diffuse in molte altre regioni dell’Italia centrale e meridionale (Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna), fino a diventare la varietà ampelografica rossa più diffusa del nostro Paese.

Negli anni Settanta del Novecento, il Sangiovese ha nuovamente conosciuto un periodo di appannamento e di dimenticanza, trascinando nella sua crisi anche i territori e le denominazioni a esso collegati. Gli anni Novanta hanno finalmente visto una sorta di rinascimento di questa varietà, con profondi e mirati rinnovamenti degli insediamenti viticoli associati a nuove proposte enologiche per un mercato in evoluzione sempre più rapida.

Il Sangiovese ha una capacità di adattamento molto elevata, tanto che oggi si conoscono decine di varietà clonali a esso associate. L’ampelografia convenzionale distingue due grandi categorie, in funzione della dimensione degli acini: il Sangiovese Grosso, considerato il migliore, e il Sangiovese Piccolo. Da solo o in assemblaggio con altre uve, il Sangiovese è oggi presente in molte decine di D.O.C. e I.G.T. italiane, e proprio in virtù della sua adattabilità comincia a esser prodotto anche in California, in Argentina e in Australia.

È però ancora soprattutto in Romagna e in Toscana, considerate le sue “culle” storiche, che il Sangiovese offre alcune delle sue prove migliori. In Romagna è ancora oggi chiamato, semplicemente, e’ bè, cioè “il bere”, a ricordo dei tempi lontani in cui la qualità dell’acqua era pessima, e agli ospiti e ai forestieri di passaggio veniva offerto soltanto Sangiovese: il bere per eccellenza, sano e rinvigorente. In Toscana il Sangiovese ha fornito nei secoli la struttura portante dei vini rossi più famosi e celebrati, dal Chianti al Brunello di Montalcino, dal Nobile di Montepulciano al Morellino di Scansano.

È molto difficile tratteggiare delle caratteristiche comuni per il Sangiovese, tanta e tale è la differenza di espressione che riesce a dare nelle sue infinite varianti locali. Se vinificato in acciaio dà origine a un vino di notevole freschezza, giovane, floreale e leggermente fruttato (ciliegia), abbastanza leggero, equilibrato, asciutto, sorretto da una buona acidità e mai troppo scuro nel colore. Se affinato in rovere (dove riesce a invecchiare bene anche a lungo) arrotonda i suoi spigoli e diventa speziato, robusto e armonico, pur conservando una gradevole astringenza di fondo.

Portato in tavola a 16 – 18 gradi, il Sangiovese è ottimo compagno di salumi, primi importanti, minestre in brodo, carni bianche, frittate; se invecchiato si accosta bene anche a carni rosse, selvaggina e formaggi stagionati.

Piero Valdiserra



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